Il pandoro a Natale

Famoso come alternativa al classico panettone, il pandoro è un dolce molto tipico nella zona di Verona, ed è tra i simboli delle festività natalizie a tavola. Dorato, dalla consistenza soffice e dal profumo di vaniglia, se visto dall’alto ricorda una stella, come quella che per tradizione si mette in cima all’albero di Natale.

Non è un prodotto facile da preparare in casa, data la sua lavorazione molto complessa: gli ingredienti sono uova, farina, zucchero, burro e burro di cacao, e lievito.

Di questo simbolo del Natale se ne parla per la prima volta già nell’antica Roma, quando un cuoco preparò per la prima volta un dolce, un “panis” con fior di farina, burro e olio. La ricetta che invece conosciamo tutti è un po’ più recente: intorno al 1200 d.C. sulle tavole dei nobili di Venezia, veniva servito lo speciale “pane de oro”, il cui nome derivava proprio dal colore dorato della sua mollica. Da lì, si è diffuso in alcune corti d’Italia, restando ancora sotto diverse forme nelle tradizioni culinarie nostrane. Nell’Ottocento arriva a diventare il dolce che conosciamo oggi, discendendo dal “nadalìn”, un dolce tipico veronese. Alla fine del secolo, Domenico Melegatti, omonimo proprietario della famosa industria dolciaria, ne depositò la ricetta all’ufficio brevetti, dando vita al dolce morbido e dalla forma caratteristica che molti di noi preferiscono al panettone.

Il gusto semplice del pandoro ha permesso la nascita, nel tempo, di diverse varianti, frutto sia di fantasia che di studiata ricercatezza. Spesso infatti può essere farcito di creme, per esempio al limone, o alla nocciola o cioccolato, inserite nell’impasto o anche, più artigianalmente, spalmate direttamente sulle fette prima che vengano servite, oppure affiancato a elementi salati, per creare contrasto. E lo zucchero a velo? Quasi tutti i pandori vengono venduti in confezioni già fornite di una pratica bustina contenente lo zucchero, ma data la natura già zuccherata del dolce, non sempre viene usato.

Halloween nel mondo

Tra pochissimi giorni arriverà la notte delle streghe, la più terrificante al mondo: Halloween è un festa con origini lontanissime, dove nella sua versione più originale si fanno indossare maschere spaventose ai più piccoli, per proteggerli da mostri e fantasmi.

Il mondo è bello perché è vario, però, e ogni paese ha ridefinito e fatto propria una tradizione che affonda le radici negli angoli più nascosti della nostra storia.

In America, dove è maggiormente sentita, quasi come fosse una festa nazionale, la notte del 31 ottobre è preda di ogni genere di intrattenimento: dalla classica passeggiata in maschera per i quartieri, dove i bambini bussano porta a porta per avere dei dolci, a maratone di horror movie, fino alle sedute spiritiche.

Nell’Est Europa, la tradizione di Halloween assume tratti più folkloristici: nelle regioni dove leggende di vampiri e fantasmi la fanno da padrone, dove i turisti visitano castelli stregati, mentre i locali seguono tradizioni molto particolari: in Slovacchia, per esempio, vien messa fuori la porta dell’abitazione una sedia vuota, una per ciascun membro della famiglia defunto.

In Irlanda, una delle tradizioni è quella di Jack O’ Lantern, la leggenda della testa di zucca più diffusa, che racconta di un fabbro che, più volte, ingannò il diavolo, fino a quando non riuscì più a sfuggirgli e fu condannato a vagare per il mondo con la sole luce di un lanternino a fargli compagnia.

Infine, in Messico, “El Dia de los Muertos” è un’occasione per riempire le strade di colori: secondo una credenza gli spiriti dei morti in quel giorno tornerebbero a far visita ai vivi, e per assicurarsi che dopo ritornino ai loro luoghi di sepoltura, si coprono le tombe di fiori e dolci.

Frutta secca: regina d’autunno

Amica inseparabile di qualsiasi appassionato di cucina, la frutta secca è un ingrediente versatile, che può essere usata sia in piatti dolci che salati. Proprio i dolci però, ricevono forse un beneficio maggiore, grazie al contrasto tra dolce e salato. Quelle ideali? Più sono locali, meglio è: non solo avrete prodotti generalmente freschi e di qualità, ma potrai anche usare ricette locali e sicuramente più conosciute dai tuoi utenti, che avranno più piacere a sceglierle.

Tra la frutta secca più usata ci sono le nocciole: forse non lo sai, ma la pianta del nocciolo è una delle più antiche al mondo. Sono una fonte naturale di vitamina E, e l’Italia è il secondo produttore al mondo. È il frutto che meglio di tutti si armonizza meglio con il cioccolato, che sia esso fondente o a latte, e nella maggior parte dei casi viene tostata prima di essere usata per creare creme, dolci (come i brownies) o torroni.

Un altro ingrediente che non puoi trascurare sono le noci: nascosto dal guscio legnoso, il frutto del noce ha tanti usi. Oltre che unito al cioccolato come le nocciole, può essere usato anche insieme a della frutta, o unite a del miele, per creare dolci dal sapore delicato ma deciso, ottimi come break pomeridiano.

Hai mai provato a usare i pistacchi? Deliziosi da soli, con un retrogusto particolare e un sapore salato, se dosati con la giusta misura possono rivelarsi un miglioramento niente male per qualsiasi dolce: negli ultimi tempi la crema di pistacchio, usata come farcita per pan di spagna e cornetti, è tornata molto di moda, uscendo un po’ dal campo dei gelati dove era più comune come gusto classico ed evergreen.

Infine, le mandorle: uno dei frutti protagonisti dei dolci nostrani più buoni e inimitabili. Pasta di mandorle, marzapane, torte e anche bevande, come il latte di mandorla, sono tra i più consumati e facilmente reperibili, e mettono sempre d’accordo tutti per quanto sono buoni!

Porte aperte MEPA

Il 27 settembre si avvicina: vi aspettiamo per l’open day di MEPA Alimentari! Un appuntamento importante, per conoscervi e farci conoscere, presentare i nostri partner e nuovi modi di intendere e preparare cibi e alimenti.
Curiosi di sapere cosa faremo? Il 27 e 28 settembre vi aspettiamo per mostrarvi le novità nei settori panetteria, pasticceria, horeca e cioccolateria! Nel settore panetteria vi mostreremo le ricette con Vitamais, Gran Rustico, Chia & Quinoa Bread, Vitasan Bread LGI, Gran Mediterraneo, Pat Dor e Le Spighe. In pasticceria avremo Pandora Gran Sviluppo, IRCA Brownies, Wondermuffin e Wondermuffin Choc, American Coookies e Chocolate Cookies, Cereal Eat Lievitati, Yog’In e Dolce Forno. Con Horeca i Wondermuffin Savoury e Lilly, e, ultimi ma non ultimi le praline e i torrono morbidi in ciccolato e surrogati.

Non perdete questa occasione, prenotate il vostro posto in prima fila! Per confermare la vostra presenza, potete contattarci allo 081.866.6155 oppure 081.7621530, oppure inviarci una mail a antoniovitagliano@mepaalimentari.com

MEPA Alimentari è in via Prov. Pianura 11, Pozzuoli (NA).

MEPA Alimentari Open Day

Il 27 e 28 settembre si terrà un evento speciale! Il 27 e 28 settembre vi aspettiamo per la giornata Open Day di MEPA! Un giorno pensato per conoscerci e conoscervi, un appuntamento perfetto per tutti i professionisti del settore. Presto pubblicheremo nuove info!

Per confermare la vostra presenza, potete contattarci allo 081.866.6155 oppure 081.7621530, oppure inviarci una mail a antoniovitagliano@mepaalimentari.com

MEPA Alimentari è in via Prov. Pianura 11, Pozzuoli (NA).

Il grano khorasan KAMUT®

MEPA Alimentari è orgogliosa di annunciare una nuova partnership! È infatti possibile acquistare il grano khorasan KAMUT®, un grano antico, coltivato in maniera biologica, privo di ibridazioni e dagli alti valori nutrizionali.

Perché scegliere il grano khorasan KAMUT®? Il suo sapore delicato, l’alta digeribilità, e il suo maggior numero di proteine, amminoacidi, vitamine e minerali rispetto al grano tradizionale sono solo alcuni dei motivi per provare un nuovo tipo di prodotto da inserire nelle proprie ricette o nella propria dispensa.

Il grano è coltivato in aziende biologiche certificate, principalmente nel Nord America, dove viene ottenuta la migliore qualità.

Il grano khorasan a marchio KAMUT® nasce nel 1949, con Earl Dedman, aviatore americano, che mentre era in Portogallo ricevette dei chicchi di grano dall’aspetto strano, che sembrava provenissero da una tomba in Egitto, anche se è più plausibile che fossero stati acquistati da un ambulante de Il Cairo. Dedman inviò i chicchi al padre, un agricoltore del Montana, e in sei anni, da una manciata di semi nacquero più di 40 tonnellate di grano.

Quel grano, con il nome di “Grano di Re Tut”, divenne un fenomeno locale, che durò per qualche anno. La vera svolta arrivò nel 1977, quando Bob Quinn, che da piccolo aveva provato il grano dell’Egitto, decise di proporre uno snack basato su questo alimento a un’azienda produttrice, che dapprima fu interessata, ma che poi, data la poca disponiblità della materia prima, abbandonò il progetto. Bob e il padre si diedero da fare per aumentare drasticamente la quantità di Grano di Re Tut disponibile, e Bob si impegnò perché tutta la produzione fosse biologica e certificata (riuscendo, nel 1989, a rendere biologica tutta la coltivazione della famiglia Quinn). Nel 1986, dopo aver partecipato alla Natural Products Expo West di Anaheim, in California, l’interesse per il grano antico tornò a crescere, al punto da convincere i Quinn a piantare tutti i semi che avevano su oltre un acro e mezzo. Dal 1988 il grano arrivò sul mercato dei prodotti biologici, sotto forma di pasta e pane. Nel 1990, per proteggere le qualità biologiche e salutistiche di questo grano, Bob e Mack Quinn registrarono il marchio KAMUT® come garanzia che il grano deve rimanere invariato e sempre coltivato in maniera biologica. Nel 1991 il KAMUT® arrivò anche in Europa, e oggi il grano khorasan a marchio KAMUT® è in tutto il mondo e lo si può trovare in moltissimi prodotti.

“La filosofia di Kamut International è quella di preservare la purezza, l’unicità e l’autenticità dell’antica varietà di grano khorasan, promuovendo l’agricoltura biologica, l’equità e la sostenibilità per gli agricoltori.

La missione di Kamut International è: “Promuovere l’agricoltura biologica e supportare gli agricoltori biologici, incrementare la biodiversità nelle colture e nelle diete e proteggere l’eredità di un delizioso grano antico di alta qualità, a beneficio di questa e delle future generazioni”. Il marchio KAMUT® serve a proteggere il grano dall’essere ibridato o modificato in qualsiasi modo. Serve anche come garanzia di una qualità costante, una produzione biologica e supporta gli agricoltori biologici, fornendo una coltura sostenibile a un prezzo equo.”

Tutte le info sul grano khorasan KAMUT® le trovate sul sito web ufficiale.

Tipi di farina

Chi è del mestiere lo sa bene: la farina 00 non è l’unica! Ci sono tantissimi tipi di farine, ricavate anche da ingredienti cui magari non avreste mai pensato, e che hanno svariati usi e donano sapori completamente nuovi e diversi ai vostri impasti.

Partiamo però dalle basi: come detto prima, la 00 o bianca è quella più usata, e viene ricavata dalla raffinazione del grano, eliminandone le impurità. Nella farina integrale, invece, avviene in maniera più grossolana, in alcune aziende ancora con una di quelle enormi macine di pietra, e spesso viene mischiata in parte con la farina bianca. La farina integrale può essere ottenuta non solo dal grano, ma anche da mais, farro, riso e segale. Per esempio, con la farina integrale di segale si ottiene del pane indicato per chi è attento alla linea, mentre con quella di mais si prepara la tradizionale polenta.

La farina di manitoba è una farina particolare, molto ricca di glutine e per questo indicata per creare impasti morbidi e soffici, abbinata a del buon lievito, meglio se lievito madre. La farina di riso è sia bianca che integrale, ed è particolarmente indicata in caso di celiachia: si può usare praticamente per tutto, dai dolci al pane, ed è molto leggera al gusto, o può essere usata per addensare salse e creme.

La farina di grano saraceno, o nero, è diversa da quella di frumento, nonostante si parli di grano. Questa farina può essere usata per preparare piatti senza glutine, e si può usare sia per polente che per torte e focacce, mischiata però ad altre farine.

Se invece amate le farine più leggere, allora vi consigliamo la farina di kamut. È un grano d’oltreoceano, e si possono ottenere ottimi prodotti dolci, ma anche salati, come pasta e pane.

Il ghiacciolo

Acqua, zucchero o sciroppo, bastoncini di legno, uno stampo e un freezer: questi i pochi elementi che danno vita ai ghiaccioli!

Simbolo dell’estate in tantissimi poster e pubblicità, sapete che sono stati “inventati” per caso? Nei primi anni del 1900 l’allora undicenne Frank Epperson dimentico sul davanzale della finestra un bicchiere con acqua, soda e uno stecco che aveva usato per mescolarle. Era una gelida notte d’inverno, e la mattina dopo trovo la sua bevanda ghiacciata, e senza scomporsi la liberò dal bicchiere e inizio a mangiare il primo ghiacciolo. Nel 1923 brevettò la sua idea, dandogli il nome di popsicle.

A oggi, la Popsicle di Epperson è la marca più antica di ghiaccioli.

In Italia arrivò nel secondo dopoguerra, grazie agli americani, e inizialmente era conosciuto con gli acronimi delle ditte che lo producevano (chi di voi ricorda il BIF o il COF?). I gusti erano inizialmente semplici: limone, fragola, menta, ma nel tempo abbiamo assistito a una vera rivoluzione di sapori, anche grazie al marketing e alle scoperte in campo culinario, fino ad arrivare a piccole icone dell’infanzia di molti di noi, come il Calippo, che a fasi alterne ancora oggi vive una fase di popolarità.

Il bello del ghiacciolo? Che si può realizzare praticamente con tutto: dalla frutta tropicale, ai superfood come avocado, guaranà, acai, senza dimenticare varianti “da bar”, con l’aggiunta di alcolici aromatici o pestati insieme a spezie e frutti.

Alcune idee sfiziose? Il ghiacciolo all’avocado può sembrare un’eresia, soprattutto per i più tradizionalisti, ma sta di fatto che questo frutto sud americano, sta spopolando tra gli amanti del fitness e dei sapori esotici. Oppure, un ghiacciolo a base di bevande come caffè o cappuccino, che possono attrarre i più curiosi. Infine, un ghiacciolo al gusto Mojito, che può rendere più fresca e leggera la serata di molti.

La granita

Come rinfrescarsi in queste caldissime giornate estive? Semplice, fresca, a prova di errore e sempre gradita: è la granita, il fresco dessert di origine siciliana, composto di acqua, zucchero, frutta oppure mandorle o pistacchio. Non è uguale ovunque: in ogni parte d’Italia c’è sempre qualche variante, come la grattachecca tipica del Lazio (differente perché il ghiaccio viene grattato prima di aggiungere la frutta o uno sciroppo).

In Sicilia, viene accompagnata da pane croccante, o dalla mitica brioche (“a granita ca’ brioscia”), la colazione classica, molto amata soprattutto dai turisti. Oppure, più comune fuori dalla Sicilia, la assaporiamo “da passeggio”, in grandi bicchieri di plastica, passeggiando per le spesso fin troppo assolate strade nostrane.

Pare che la granita sia opera degli Arabi, quando dominarono la Sicilia: figlia dello “sherbet”, la bevanda ghiacciata aromatizzata con spremute di frutta. Veniva usata la neve che si raccoglieva sulla cima delle montagne, anche dell’Etna, e che durante l’anno veniva conservata nei “nivieri”. In estate il ghiaccio veniva usato per la preparazione di quella che era conosciuta come “rattata”. Nel 1500, la ricetta venne modificata e migliorata, riuscendo a usare la neve, invece che come ingrediente, come refrigerante, unendola a sale marino, permettendo così di congelare gli ingredienti della futura granita: il “pozzetto” dove si conservava il contenuto da congelare, aveva una manovella, che permetteva di impedire la formazione di cristalli di ghiaccio troppo grandi, uno strumento sopravvissuto fino al 1900, dove è stato sostituito dalla moderna gelatiera.

Il gusto base è quello a limone, il più famoso e forse più consumato, ma anche la granita alle mandorle ha sempre riscosso un certo successo. Ma le varianti possono essere davvero infinte, dato che si possono usare tutti i tipi di frutta che si vogliono, oltre ai moderni sciroppi, poco apprezzati dai puristi. Molto diffusi sono anche i gusti al pistacchio e ai gelsi neri, o frutta come pesca, fragola o mandarino.

Una estate da street food!

Con la bella stagione, stare in casa è quasi impossibile! Il sole e l’inizio dei periodi di ferie portano migliaia di persone per le strade delle città, soprattutto nei centri storici presi d’assalto durante il weekend, per non parlare dei turisti! E tra una visita ai musei o un semplice sguardo alle vetrine dei negozi e l’altro, non ci si ferma sempre in un posto per mangiare, ed è qui che entra in gioco lo street food!

Dall’Inghilterra a noi, Fish&Chips
Un piatto parte della tradizione anglosassone, re dei pub inglesi accompagnato da una buona birra, il Fish&Chips è un piatto relativamente semplice, ma che se preparato bene può regalare un’esplosione di gusto! Il segreto è nella pastella, arricchita da birra scura, e fritta in olio ben caldo. Il pesce più comune usato per la preparazione è il merluzzo, ma la platessa è un’ottima alternativa. Le patatine, invece, non sono le classiche french fries, ma leggermente più spesse del normale, per non far assorbire troppo olio durante la cottura.

Felafel e fantasia
Sicuramente conosciuto dagli amanti della cucina araba, è un piatto vegetariano, composto da ceci e spezie, ed è accompagnato da hummus. Può essere consumato nella classica forma di polpetta, all’interno di una pita o all’interno di un panino, dove può essere arricchito da altre verdure o salse.

Gli arrosticini: un classico italiano
Dall’Abruzzo, la tenera carne di agnello, tagliata in piccoli pezzi e infilata su uno spiedino di legno, per essere cotta alla brace o alla griglia: gli arrosticini fanno parte della cultura culinaria nazionale, al punto che non è difficile trovare piccoli locali che li servono accanto ai più classici panini. Il trucco per un buon arrosticino è non lavorare troppo la carne e non eccedere con eventuali spezie: sarà la materia prima a raccontare tutto il suo sapore!

Un tocco di dolcezza: cannoli siciliani
Pasta fritta, ricotta di pecora, gocce di cioccolato e frutta candita: pochi ingredienti che hanno fatto la storia della cultura culinaria siciliana, e che hanno fatto viaggiare i cannoli non solo in Italia, ma nel mondo! Un dolce delicato e al tempo stesso ricco di armonie e sapori elaborati, molti propongono varianti della pasta fritta che avvolge il ripieno, aggiungendo cioccolato, millefiori o fiori d’arancio.